La Città

Le origini di Casamarciano non sono fondate su documentazione certa a causa della scarsità di informazioni reperite finora.L’unica ipotesi attendibile, riferita al nome, è quella formulata da G. S. Remondini, il quale si riconduce al nome di Marciano, preside dell’allora Campania Felix. Questi, nell’ 83 d.C., fu uno spietato persecutore di cristiani, eseguendo crudelmente gli ordini impartiti dall’imperatore Domiziano (95 d.C.), superando in crudeltà lo stesso Nerone. Fece imprigionare in un tetro carcere San Felice vescovo,pensando, dopo averlo a lungo torturato, di darlo in pasto alle fiere del Circo; ma i leoni, scesi nell’anfiteatro, indietreggiarono davanti al corpo del santo. Il preside Marciano, attribuendo tutto questo ad arti magiche, fece vieppiù frustare il santo, riducendo il corpo del martire una piaga e ordinando ai suoi soldati di gettarlo avvinto mani e corpo in catene, in una fornace, a Cimiterium. Elesse per sua residenza Nola ad un miglio dalla città, in una villa (forse l’attuale Casamarciano), in un punto ameno e salubre. Questa ipotesi però sembra svanire se si considera il breve arco di tempo in cui il prefetto fu a Nola (circa due anni e tra l’altro non consecutivi), troppo breve per farvisi costruire una casa o una villa. Non avrebbe avuto il tempo di frequentarla, così come afferma il De Stefano. Un’altra ipotesi sulle origini di Casamarciano e del suo nome va riferita alla presunta esistenza di un tempio sorto in quei luoghi e dedicato al dio Marte, donde sarebbe derivato Casa Martiana e poi Casa Marciana, ipotesi questa più affrancabile, rispetto alla precedente in quanto in epoca antica vi erano numerosi templi dedicati alle divinità pagane, sia in Nola che nei suoi dintorni, come testimonia l’origine di Casagiove, presso Caserta.
Inoltre è da prendere seriamente in considerazione l’opinione più semplice, secondo la quale, il paese deriva il nome da un aggregato di case che dovette appartenere a qualche benestante di nome Marciano.
Il paese in origine era formato da quattro agglomerati di case; le case di Cola, le case di Marciano, il rione Curti e il rione Vriana. Le case di Cola erano situate a metà dell’attuale via Roma, che prima si chiamava appunto via Casacola. Da ciò deriva che le case di Marciano erano dette di qualcuno che nulla aveva di comune col prefetto di Nola.
II rione Curti fu chiamato così perché composto di case a “corta” distanza da Vriana. Il termine Vriana fu poi corretto in Uriana ed Oriana e poi in Oreale. Tali derivazioni risalirebbero tutte alla dea greca Iria, madre di Cigno, la quale alla morte del figliolo si precipitò in uno stagno al quale diede il nome, diventandone così la divinità tutelare. Ora, poiché nei pressi di Noia esistevano diversi stagni e paludi, si pensa che gli antichi abitanti abbiano dato tale nome alla città per tutelarsi dai mali di questi stagni ed ingraziarsi la dea.La Vriana era dunque una piccola valle a forma di ferro di cavallo, situata tra la collina dell’odierna Casamarciano ad oriente, quella di Cicala a sud e quella di S. Angelo ad occidente.
Le origini di Casamarciano sono dunque in relazione con quelle di Nola, o meglio, con quella città vecchia, anteriore alla fondazione di Nola – città nuova – che con Nola finì col confondersi ed identificarsi e che si denominò Hyria o Hyrina o anche Hyriana, donde poi Vriana e Oriana o Oreale. I1 Musco afferma che tale città dovette sorgere in quella località dove ora si distende Casamarciano.
Ciò è testimoniato da tracce di stazioni paleolitiche rilevate nella citata località.
L’antichità di questa zona è testimoniata dalla presenza di diversi ruderi di antichi edifici, da molti oggetti come vasi, candelabri, monete, lucerne, custoditi presso il Museo Nazionale di Napoli. La prova più convincente dell’antichità del luogo, secondo il De Stefano, è data soprattutto dalla presenza dei ruderi di un antico acquedotto, che doveva condurre in questa contrada l’acqua di Avella e non, come dice il De Stefano, quella di Serino, poiché tale acquedotto fu costruito posteriormente da Augusto per rifornire di acqua la flotta romana di stanza a Capo Miseno. Successivamente gli abitanti si trasferirono nella pianura dove è l’attuale città, molto probabilmente per Casamarciano fu uno dei sedici casali di Nola, i quali, derivati dal distacco del castrum, ebbero col centro principale un jus filiationis fino a che non acquistarono, ingrandendosi, una propria personalità giuridica (universitas), tranne alcuni. In tal modo sorsero, qui ed ovunque, i casali. Finita la signoria degli Orsini (1529), Nola divenne una città libera e con i suoi sedici casali (Saviano, Sant’Erasmo, Sirico, San Paolo, Cimitile, Camposano, Cumignano, Casamarciano, Faibano, Gallo, Livardi, Liveri, Risigliano, Vignola, Tuffino e Scaravito) formò una università, cioè un gran municipio, che non ebbe però lunga durata. La gran parte di questi casali, tra cui anche Casamarciano, furono acquistati nel 1643 dal feudatario notano Giulio Mastrilli, Regio Consigliere e Capo di Rota. L’Università si smembrò per l’autonomia che andavano acquistando i suoi casali.
Furono così eretti a comuni: Cimitile, Casamarciano, Liveri, Cumignano con Gallo, Tufino con Risigliano e Vignola, San Paolo con Livardi e Scaravito, Sant’Ermo 0 Sant’Erasmo, Sirico e Saviano (i quali tre poi, molto più tardi si fusero in un unico comune), Camposano, con Faibano.Per quanto riguarda la produzione e l’attività degli abitanti nei secoli XVII e XVIII sappiamo che nel paese allignavano bene i pioppi e i gelsi.
Vi si trovavano numerosi vigneti, sia a valle che in collina, ma è da dire che i primi erano più idonei per il vino. C’erano ancora buoni castagneti che i paesani usavano per il legname da taglio e la preparazione dei carboni.
Gli abitanti, in numero di 1500 circa, erano in parte dediti alla campagna e in parte al commercio: compravano grano in Puglia e lo vendevano altrove, e commerciavano bachi da seta. Pagavano la “tassa dei fuochi”, una imposta familiare istituita da Alfonso I il 28 febbraio 1443. Originariamente essa indicava i “notamenti” delle famiglie con aggravi e sgravi e notizie correlative. La serie originale della numerazione dei fuochi di Nola e della zona relativa ai secoli successivi fu distrutta dalle truppe tedesche nell’incendio di villa Montesano, presso San Paolo Belsito, nel 1943.
Dai pochi frammenti sostitutivi esistenti si ricava che la tassa dei fuochi di Casamarciano raggiunse il numero di 92 e nel 1669 il numero di 55. Gioacchino Murat (re di Napoli dal 1808 al 1815) suddivise il distretto di Nola in dieci circondari, corrispondenti ai mandamenti dell’Italia Unita, soppressi poi dal regime fascista: di questi Nola comprendeva i comuni di Nola e Cicala, Cimitile e Casamarciano. Il Comune di Casamarciano fece parte fino al 1927 della provincia di Caserta; da quella data si aggregò alla provincia di Napoli da cui dista circa 30 chilometri.

 

Il Patrono 

Clemente di Roma ebbe molta autorità nell’antichità cristiana. Dei suoi scritti è però giunta sino a noi la sola Lettera ai Corinti.
L’auFoto del Patrono di Casamarcianotore di questa lettera viene identificato sia da Origene, che da Eusebio e Girolamo, con il “collaboratore” di San Paolo, nominato nell’epistola ai Filippesi [4, 3]. Secondo Ireneo, Clemente sarebbe stato il terzo successore di Pietro sulla cattedra di Roma, nell’ordine dopo Pietro: Lino, Cleto e Clemente, ma Tertulliano afferma che Clemente fu ordinato dallo stesso Pietro. Epifanio spiega la contradizione affermando che Clemente fu sì consacrato da Pietro, ma per amore della pace venne scelto come primo successore di Pietro, Lino. La cosiddetta prima lettera di Clemente venne già utilizzata e citata nella lettera di San Policarpo, e fu evidentemente composta negli ultimi anni dell’impero di Domiziano o poco dopo. Il motivo della composizione di questa lettera ai Corinti, furono i disordini scoppiati nella comunità cristiana della città greca, dove alcuni giovani membri si erano ribellati ai presbiteri e li avevano destituiti. Clemente I papa, romano, (88-97), santo, sue reliquie, unitamente a quelle di S. Ignazio, sono nell’urna posta sotto l’altare maggiore della chiesa a lui intitolata. Il corpo vi fu riposto, nel corso di una solenne cerimonia celebrata dal pontefice, nel giugno del 1727. I suoi resti, trovati in Crimea nel 862 da S. Cirillo furono, cinque anni dopo, qua sepolti dallo stesso santo. Fino al secolo scorso si esponeva un suo braccio nella sagrestia. Il terzo succesore di san Pietro. la storia non offre materiale per scrivere la vita di questo papa che, più o meno tra l’ 88 e il 97, ha occupato la cattedra di Pietro. un’antica tradizione(attestata da san Girolamo e da sant’Ireneo) afferma che a ordinarlo prete é stato san Pietro stesso. Questa notizia é molto più verossimile della leggenda che vede in Clemente un membro della famiglia imperiale. La lettera di Clemente-se gli “Atti di san Clemente” lasciano dubbioso lo storico Severo, non si può dire la stessa cosa della sola “lettera che possediamo di lui. Lettera fondamentale, nella quale la chiesa di Roma scrive alla Chiesa di Corinto. L’importanza di questa lettera sta nella netta insistenza che essa pone sul primato della sede di Pietro. la forza di quest’affermazione risiede in ciò che Ireneo ha intensamente sottolineato: ” Clemente aveva visto gli Apostoli in persona, la loro predicazione era ancora nelle sue orecchie e la loro tradizione sotto i suoi occhi”. si presume che Clemente abbia subito il martirio, stando a quanto afferma una tradizione del IV secolo;Foto della processioneuna basilica gli é dedicata.E come si verificherà questo, fratelli carissimi? Si verificherà se la nostra intelligenza sarà salda in Dio con la fede, se cercheremo con diligenza ciò che é gradito e accetto a lui, se faremo ciò che é conforme alla sua santissima volontà, se seguiremo la via della verità, insomma se ci terremo lontani da ogni ingiustizia, perversità, avarizia, rissa, malizia e inganno. Questa é la via, fratelli carissimi, in cui troviamo la nostra salvezza, Gesù Cristo, mediatore del nostro sacrificio, difensore e aiuto della nostra debolezza. Per mezzo di lui possiamo guardare l’altezza dei cieli, per mezzo di lui contempliamo il volto purissimo e sublime di Dio, per lui sono stati aperti gli occhi del nostro cuore, per lui la nostra mente insensata e ottenebrata rifiorisce nella luce, per mezzo di lui il Padre ha voluto che noi gustassimo la conoscenza immortale. Egli, essendo l’irradiazione della gloria di Dio, é tanto superiore agli angeli, quanto più eccellente é il nome che ha ereditato (cfr. Eb 1, 3-4).
Perciò, fratelli, combattiamo con tutte le forze sotto i suoi irreprensibili comandi. I grandi non possono restare senza i piccoli, né i piccoli senza i grandi. Tutti sono frammisti, di qui il vantaggio reciproco. Prendiamo ad esempio il nostro corpo. La testa senza i piedi non é nulla, come pure i piedi senza la testa. Anche le membra più piccole del nostro corpo sono necessarie e utili a tutto il corpo; anzi tutte si accordano e si sottomettono al medesimo fine, perché tutto il corpo sia saldo. Si assicuri perciò la salvezza di tutto il nostro corpo in Cristo Gesù, e ciascuno sia soggetto al suo prossimo secondo il dono della grazia che gli é stata affidata. Chi é forte si prenda cura di chi é debole, il debole rispetti il forte. Il ricco soccorra il povero, il povero lodi Dio perché gli ha dato uno che viene a colmare la sua indigenza. Il sapiente mostri la sua sapienza non con le parole ma con le opere buone; l’umile non renda testimonianza a se stesso, ma lasci che sia un altro a dargliela. Avendo da Dio tutte queste cose, dobbiamo ringraziarlo di tutto. A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen. Capp. 35, 1-5; 36, 1-2; 37, 1. 4-5; 38, 1-2. 4; Funk 1, 105-109)